mercoledì 5 marzo 2014

La sottile bellezza de "LA GRANDE BELLEZZA": cerca oltre l'apparenza! (Con la recensione di un ospite speciale: Claudio Villanova, esperto di cinema)




"Finisce sempre così. 
Con la morte. 
Prima, però, c'è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. 
È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. 
Il silenzio e il sentimento. 
L'emozione e la paura. 
Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. 
E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile. 
Tutto sepolto dalla coperta dell'imbarazzo dello stare al mondo. 
Bla. Bla. Bla. Bla. 
Altrove, c'è l'altrove. 
Io non mi occupo dell'altrove. 
Dunque, che questo romanzo abbia inizio. 
In fondo, è solo un trucco. 
Sì, è solo un trucco." (Jep Gambardella)


Se partissimo dal fondo de “La Grande bellezza” saremmo di fronte a un esempio di eccezionale poesia, quella frase finale è una frustata all’anima ma allo stesso tempo un magnifico invito per ogni essere vivente a spolverare la propria esistenza dal chiacchiericcio e dal rumore per elevarsi dalle miserie della condizione umana e così poter risplendere nell’emozione più pura senza usare trucchi.

Se tutti i precedenti 138 minuti di pellicola servono per concepire così tanta poesia allora...
VIVA “LA GRANDE BELLEZZA”!

“La grande bellezza” è un film atipico che fin quasi alla fine non si capisce dove voglia condurci o se non andrà da nessuna parte come i trenini delle sue feste mondane. 
"La grande bellezza" è un chiaro omaggio al cinema surreale di Federico Fellini; ha una fotografia e delle ambientazioni da standing ovation ma spesso è lento… troppo lento, una lentezza pericolosa che sfida gli spettatori a non desistere dal continuare a guardarlo e infatti c’è qualcosa che continua ad attrarre, non si sa bene cosa sia ma si ha la sensazione che più avanti succederà qualcosa di stupendo e imperdibile… e infatti... nel finale c’è tutto il meglio de “La grande bellezza”: dall'apparizione de “la Santa” Suor Maria tutto diventa più chiaro: eccoli gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza ed eccolo lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile.



Senza quel finale "La grande bellezza" sarebbe un'"egotica" e tronfia prova di regia di Paolo Sorrentino, lenta e con eccessi di virtuosismi alla "Guardate come sono bravo!" oppure "Paro Fellini o no?" con solo degli sprazzi di altissimo cinema, ma quel finale... in quel finale io "m'illumino d'immenso", per dirla alla Ungaretti.

Insomma, se hai la caparbietà di non addormentarti facendoti coinvolgere più dalle immagini che dalla narrazione (che in pratica non esiste) si arriva a quell'ultimo quarto d'ora che ti fa fare pace con l'intero film e che è un piccolo Eldorado artistico dal quale attingere bellezza per la propria quotidianità.



Per apprezzare davvero "la Grande bellezza" bisogna essere dotati di una cultura cinematografica di notevole livello ma io, K, non sono un esperto di cinema, sono un poeta che vive solo d’emozione e di parole, per questo voglio lasciare spazio a chi ne sa più di me, a chi vive di cinema e ha divorato centinaia di chilometri di cellulosa… vi presento Claudio Villanova che è una giovane promessa della critica cinematografica ma, soprattutto, quando a 17 anni usi facilmente il termine "Càduco" per descrivere qualcosa di sfuggente... sei sulla strada giusta.

Claudio ci offre una recensione colma di spunti interessanti sui quali riflettere, spunti che io stesso avevo sottovalutato,
buon divertimento

K


"LA GRANDE BELLEZZA" Recensione di Claudio Villanova


- “Chi sei tu?" chiede la voce bambina fuoricampo
"Io sono..." sta per rispondere Jep Gambardella
"Tu non sei nessuno" lo interrompe la voce bambina

In questo breve dialogo viene descritto alla perfezione e delineato Jep Gambardella, giornalista e scrittore napoletano, trasferitosi a Roma, che ha al suo attivo  un solo libro, poiché Roma lo ha così deconcentrato che da giovane genio della letteratura italiana si è trasformato in re della mondanità romana.

Un personaggio in cerca d'autore e un film in cerca di trama, perché "La grande bellezza" non ha una vera e propria trama, è un film che non ha bisogno di un intreccio articolato o di colpi di scena straordinari, ma lascia parlare le immagini di una splendida Roma e della sua decadenza annessa.



Paolo Sorrentino con quest'opera realizza un mezzo capolavoro, riuscendo a inquadrare in maniera perfetta il vuoto assoluto della nostra società.
I dialoghi e i personaggi sono vuoti, privi di qualsiasi valore e dediti esclusivamente alla chiacchiera o alle feste, persino il Cardinale è più avvezzo ai consigli di cucina che alle esigenze spirituali, esigenze che ormai sembrano molto lontane dalla sua figura.




Ma il punto focale dell'intero film è la morte:
questi uomini adulti, maturi, non fanno che combattere la morte, provano in ogni modo ad allontanarla dalla propria vita senza grossi risultati, perché la vita è caduca e non sarà un chirurgo plastico o un santone del XXI secolo ad allungarla, e non servirà neanche provare a ballare come dei ragazzini in pista sulle note di "a far l'amore comincia tu” per vincere l'inflessibilità del tempo che passa.
E allora cosa può rendere davvero immortali?
Quale trucco può allungare la propria vita?
L'opera d’arte! La grande bellezza! Jep Gambardella è circondato da opere d’arte, il film ne è pieno, ed egli ogni volta che ne è circondato prova sempre un senso di dolore o di paura, perché quelle opere sono immortali, mentre la sua vecchiaia e la sua decadenza lasciano i segni sul suo viso.

Nella scena in cui trasporta la bara del figlio della sua amica Jep piange, nonostante nella scena prima aveva sentenziato che nei funerali non si deve piangere, ma lui lì si abbandona alle lacrime per il giovane ragazzo, ma in verità egli lo fa per sé, è lui l'uomo in quella bara, sa che quella è la fine e allora quasi si rassegna: davvero si può vivere solo prendendosi in giro, solo nascondendo i propri problemi, le proprie domande sotto un cumulo di chiacchiere e di feste?

In questo film ci sono molte tematiche toccate e tante le storie che potevano essere raccontate, il personaggio di Verdone delude, poteva essere approfondito di più perché  sembra troppo spesso un corpo estraneo mentre è sorprendente la rinascita della Ferilli se pur in un personaggio del tutto decadente. Ma Sorrentino lascia allo spettatore una libera interpretazione:
ad esempio in una delle scene in cui Jep si ritrova a passeggiare per Roma, una limousine gli passa accanto e si intravedono gli occhi di una ragazza, spenti, vuoti completamente privi di vita, quegli occhi dicono molto di più di tante altre parole, in quel breve attimo si intravede l'intero senso del film: l'inarrestabile fugacità della vita. 


La regia e la fotografia sono impressionanti ed essenziali per comprendere il significato dell'intero film. 
Sorrentino mostra una grande capacità nel conciliare immagini e musica come nella scena della festa iniziale e soprattutto riesce a mostrare grande bellezza e grande bruttezza allo stesso tempo, senza cadere completamente nel kitsch o nel pacchiano.

Nel complesso è un ottimo film che forse pecca nella ricercatezza del grottesco a tutti i costi e che nella parte finale si perde un po’, ad esempio la scena dei fenicotteri è abbastanza grossolana, ma che prorompe in un finale che non fa che invitarci a godere dell'arte e a godere di quest'immenso trucco, di questa grande bellezza che è la vita.

"La grande bellezza" è uno di quei film che alla fine ti spiazza davanti ai titoli di coda e ti lascia nella testa mille domande alle quali sei obbligato a cercare una risposta.

"La grande bellezza" non è un capolavoro ma è un gran film, una grande bellezza appunto, che ti lascia basito, che fa discutere ma che è un Premio Oscar meritato, perché non dovrebbe?

"Dunque, che questo romanzo abbia inizio" -


Claudio Villanova









NB Le due recensioni sono state scritte in un parallelo temporale e nessuna delle due ha influito sull'altra.


3 commenti:

  1. Bellissima recensione Claudio, non l'ho ancora visto il film ma mi hai fatto incuriosire tantissimo. Complimenti, farai strada :D

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  2. Devo dire che questa è la recensione più intelligente tra quelle che ho letto in giro, ma questo non è un film ma una vera e propria denuncia e la produzione stessa è parte integrante di quella decadenza morale illustrata dal film, anzi ne è proprio l'artefice ed il bello è che non se ne rende neanche conto, proprio come jep gambardella mentre passeggia in mezzo alla bellezza che gli sfugge come gli è sempre sfuggita ! Questo film non può essere amato in italia, è naturale che non venga capito in patria perchè non c'è più la cultura necessaria per poterlo criticare e quelli che lo capiscono lo odiano perchè li mette davanti alla realtà dei fatti, cioè che spendono o hanno speso una vita e diventare i re dei mondani ! Ormai nessuno svolge il proprio lavoro con etica professionale ma solo ed esclusivamente per essere qualcuno in mezzo agli altri.....con qualche raro sprazzo di bellezza !

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